Il Castelik (Castrum de Sernalea)

Il nome della località “Castelik”, ai margini dei Palù, fa riferimento, secondo la tradizione, alla presenza di un castello a Sernaglia in età medievale. Se ne possono ancora vedere i resti, consistenti in un cumulo di macerie e nelle fondamenta di una costruzione rettangolare; della sua storia è giunto fino a noi un solo documento, redatto nel castello stesso, nell’anno 1122, dal notaio Avuardo.
 
Si tratta di un accordo o convenzione (cartula conventionis) fra il nobile Artusio di Rovero e gli uomini della Pieve di Sernaglia che si erano incastellati; fra essi vengono citati Zano e Riberto da Sernaglia, Martinello, il fabbro Giovanni, Rodolfo e Orso da Moriago. La pergamena originale rimase per secoli nell’archivio dei Rovero (oggi conservato nell’Archivio di Stato di Treviso) e nel ‘700 ne furono tratte copie autenticate per documentare l’antichità della famiglia.

Dalla cartula è possibile farsi un’idea dell’aspetto del castrum de Sernalea: era circondato da un corso d’acqua, da una palizzata o siepe e da un fossato (acqua, frata et fossato), e vi si accedeva tramite porte. Come è visibile anche oggi, doveva occupare un’area abbastanza estesa, tanto che all’interno erano state costruite case, su cui gli incastellati avevano il diritto di prelazione.

Doveva trattarsi di strutture semplici e modeste, costruite quasi esclusivamente in legno, tranne l’edificio più ampio di cui restano le fondamenta, forse risalente ad una fase successiva a quella iniziale e destinato ad uso collettivo e/o condiviso fra gli “uomini” e i signori. Alcuni “incastellati” continuavano a vivere all’esterno, con il diritto di andare dalle loro case al castello e viceversa senza opposizione da parte dei signori stessi.

Il documento permette anche di intuire la natura dei rapporti economici e di forza fra i personaggi nominati. Artusio non era proprietario del castrum, ma lo aveva ricevuto in feudo (beneficium), dal vescovo di Ceneda, che manteneva il “dominio eminente”; come è detto espressamente, il castello era “proprietà di San Tiziano”, cioè del vescovado. Al patrono della diocesi è dedicato anche l’oratorio del Patean, un tempo appartenente alla parrocchia di Sernaglia.

La convenzione fissava il canone dovuto da ogni capofamiglia ad Artuso in una calvia di frumento. Venivano anche stabilite pene pecuniarie per chi creasse “scandalo”; l’importo delle multe doveva essere diviso fra gli uomini e il signore, che non poteva condonarle se non rinunciando anche alla propria quota. Infine, gli “uomini” si obbligavano ad abitare e mantenere per sempre la struttura; i signori, comunque, dovevano contribuire alla manutenzione “secondo le loro possibilità”.
 
Nell’area del “Castelik” e nei dintorni sono stati fatti ripetutamente ritrovamenti archeologici (macinelli, selce lavorata, ceramica, avanzi di fusione), ed esistono valide ragioni per sostenere che il castrum de Sernalea sia stato preceduto da un insediamento risalente alla fase finale dell’età del Bronzo. Luigi Ghizzo ritiene che esso sia nato attorno al 1000 a. C., quando un periodo di prolungata siccità spinse gli abitanti delle colline a spostarsi nella pianura sottostante (Palù), più ricca di acqua. All’insediamento protostorico rimanda anche la forma a ciambella del terrapieno che circonda il sito.

Il castrum medievale nacque per contrastare l’insicurezza e l’instabilità che avevano contrassegnato la vita delle popolazioni rurali per tutto l’Alto Medioevo ed ancora la contrassegnavano nei secoli XI-XII; non è chiaro quando precisamente sia avvenuto l’incastellamento, ma dal tono del documento del 1122 sembrerebbe che esso fosse a quell’epoca un fatto ancora abbastanza recente. Resta anche incerto se l’iniziativa sia stata dei Rovero o dei Sernagliesi.

Nonostante il raggiungimento di un articolato accordo per la sua gestione, il castello scompare dai documenti dopo il 1122. Il villaggio, con Moriago e Fontigo (appartenenti alla stessa pieve), entrò nell’orbita dei signori da Vidor, che poi (1242/46) vendettero ad Ezzelino da Romano i loro possedimenti “fra la Piave e il fiume Soligo” ossia “nel castello e nei paesi di Vidor, Sernaglia, Fontigo, Nosledo, Moriago e Mosnigo”, compresi i diritti di giurisdizione (comitatu, iurisdictione, districtu et merigiciis).

Secondo la tradizione il “Castelik” sarebbe stato utilizzato dai signori del villaggio anche come prigione e sarebbe poi diventato una cava di materiale da costruzione; anche nel campanile di Sernaglia, risalente al XVII secolo, sarebbero stati utilizzati materiali provenienti dal castello.
Martino Mazzon

                           
 
Fonti e bibliografia
Archivio di stato di Treviso, Archivio di Rovero, I serie, bb. 1 e 11.
G. B. Verci, Storia degli Ezzelini, III: Codice diplomatico ezzeliniano, Bassano, Remondini, 1779, pp. 292-93 e 302-03.
G. B. Verci, Storia della marca trevigiana e veronese, Tomo I, Venezia, Storti, 1786, Documenti, pp. 15-16
L. Ghizzo, E. Dalla Betta, L’ultima centuriazione, Sernaglia, 1995.
L. Ghizzo, E. Pederiva, E. Dalla Betta, La cattedrale verde, Soligo, 1999.
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